Premettiamo, intanto, che il Controllo di Gestione è fondamentale per ogni azienda, indipendentemente dalla sua dimensione o dal settore merceologico nella quale essa opera. Come si fa e chi può fare controllo di gestione aziendale? Teoricamente tutti gli imprenditori, praticamente solo coloro che hanno tempo e modo per farlo.
Tutti gli imprenditori perché, anche se non hanno una cultura specifica nel settore sono solitamente molto attenti a quanto spendere ed a come spendere i loro introiti: soprattutto spenderne pochi per ottenere il massimo risultato. E qui troviamo la prima parola chiave del Controllo di Gestione: l’ottimizzazione dei costi e dei ricavi.
Ottimizzare i costi ed i ricavi è una frase banale sulla quale tutti concordano e si associano, ma il punto è come fare per perseguire questo obiettivo? Il punto cruciale non è l’ottimizzazione ma il perseguimento dell’ottimizzazione. È facile, in fase preventiva, ottimizzare costi e ricavi ma il vero problema è – e qui entra in gioco il Controllo di Gestione – controllare e verificare innanzitutto che le previsioni iniziali siano mantenute in “corso d’opera” ma, poi, che per le stesse è possibile una ulteriore ottimizzazione. Ma sarebbe già un grande successo mantenere i margini previsti in fase preventiva.
Chi, in azienda, non ha mai preparato un preventivo di spesa? E su cosa si basa il preventivo?
Un preventivo (o budget preventivo) è l’insieme di articoli, voci o macrovoci che compongono il servizio offerto. Sostanzialmente si offre un servizio/lavorazione sapendo quale siano i costi base, di fornitura, manodopera, trasporti, etc. ed aggiungendo ad essi le spese generali e l’utile d’azienda. Primo punto fondamentale: quanto valgono le spese generali dell’azienda? Non tutti sanno il loro effettivo valore percentuale, quindi è doveroso, prima di proseguire, fare una piccola premessa sulla loro definizione.
Le spese generali sono date dalla somma dei costi indiretti (o di struttura) che non attengono con quei costi diretti, che sono quelli necessariamente da sostenere per l’ottenimento dei ricavi. In altre parole, sono tutti i costi che l’azienda sostiene ma a fronte dei quali non corrisponde un relativo ricavo (ad es.: affitti, mutui, leasing, assicurazioni, utenze, consulenze esterne non direttamente legate alla commessa, etc. ivi compreso il costo per il personale amministrativo e direzionale).
La loro percentuale viene data, sinteticamente, dal rapporto tra i costi indiretti ed il fatturato annuo. E questa percentuale varia, di anno in anno, poiché mentre i costi indiretti sono sostanzialmente molto simili per ciascun anno, a meno di nuovi investimenti, quello che varia è il fatturato. Quindi è bene riferirsi, per l’anno in corso, a quella dell’anno precedente (se l’azienda era già operativa) ed eventualmente fare una “proiezione”, per l’anno in corso, nel caso in cui si conosca anticipatamente il volume di affari che verrà presumibilmente conseguito nel corso dell’anno.
È molto importante conoscere questa percentuale perché, per l’anno in corso, tutti quelli che impropriamente definiamo come “utili” derivanti dall’attività aziendale (ossia ricavi meno costi diretti), meglio noti in letteratura come MDC – MARGINI DI CONTRIBUZIONE – andranno a compensare man mano i costi di struttura, cioè le spese generali, e soltanto dopo la compensazione di quest’ultime si potrà parlare di utile d’azienda.
Immaginiamo per un attimo di avere una grossa cisterna (che rappresenta le spese generali dell’azienda) e tante altre cisterne, di piccole medie o grandi dimensioni, collegate in serie e che alimentano la grande cisterna delle spese generali. Queste rappresentano, invece, i vari lavori e/o commesse e/o servizi dell’azienda stessa. Soltanto dopo la cisterna delle spese generali, ci sarà un’ulteriore cisterna (le cui dimensioni non ci interessano in questo esempio) che rappresenta l’utile d’azienda.
Tutte le differenze tra i ricavi ed i costi diretti derivanti dalle singole lavorazioni confluiranno nella cisterna delle spese generali che, una volta riempita, verserà i fluidi (anche intesi come flusso economico) nell’ultima cisterna dell’utile aziendale. Il punto in cui la cisterna delle spese generali sarà riempita, ed inizierà quindi il versamento in quella dell’utile aziendale, si chiama punto di pareggio (o break even point, o BEP) e rappresenta il momento dal quale l’azienda inizierà a raccogliere i veri e propri frutti economici derivanti dalla propria attività.
In un’attività aziendale è altrettanto importante conoscere quando (in quale periodo dell’anno) si raggiunge il punto di pareggio delle spese generali, per le necessarie strategie aziendali.
Conosciuta la percentuale delle spese generali sarà possibile quantificare il budget preventivo in maniera sicuramente realistica.
Altro punto fondamentale del controllo di gestione è quello di verificare che il margine atteso in fase di budget preventivo venga innanzitutto mantenuto in corso d’opera, cioè in fase di budget consuntivo. Questo valore deve essere non solo conseguito ma, se possibile, opportunamente ottimizzato. Questo è il compito del Controllo di Gestione e della figura che si occupa di questo. E per farlo ci sono vari modi, forme ed aiuti, ma l’importante è farlo.