Responsabilità penale dei professionisti nella crisi d’impresa: una nuova visione di legge

 L’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa ha rappresentato una svolta significativa nel panorama legislativo italiano, soprattutto per quanto riguarda la responsabilità penale dei professionisti coinvolti in procedure concorsuali. Tuttavia, la recente pronuncia della Cassazione su un caso di falsa attestazione ha sollevato interrogativi e ha portato alla luce importanti riflessioni sull’interpretazione delle norme nel tempo.

Il caso in questione riguarda un professionista condannato per aver fornito informazioni ingannevoli in un piano di concordato preventivo, riguardanti una presunta nuova finanza mai concretizzatasi per una società a responsabilità limitata (Srl). La condanna del Giudice dell’udienza preliminare ha suscitato dibattiti sulla portata della riforma e sul presunto effetto depenalizzante introdotto dal nuovo Codice.

La difesa ha sostenuto che la nuova normativa avesse limitato l’ambito di rilevanza penale alla veridicità dei dati aziendali, escludendo implicitamente la valutazione economica del piano. Tuttavia, la Cassazione ha adottato un’interpretazione più ampia, considerando il contesto normativo nel suo insieme.

La Corte Suprema ha richiamato l’attenzione sul legame intrinseco tra le informazioni fornite e la valutazione economica del piano, sottolineando che la correttezza e la completezza delle informazioni rimangono fondamentali per la validità del processo concorsuale. Questo approccio riflette le intenzioni del Codice della crisi d’impresa, che mira a mantenere una coerenza nel perimetro penale delle disposizioni nel tempo.

Inoltre, la Cassazione ha evidenziato l’importanza dei principi stabiliti dal legislatore delegante, che fungono da guida interpretativa per le norme delegate. L’idea che i principi stabiliti dal legislatore rappresentino non solo la base, ma anche il limite delle norme delegate, ha profonde implicazioni nell’interpretazione delle disposizioni legali.

Pertanto, la sentenza della Cassazione ha confermato la condanna del professionista, sottolineando che la consistenza e l’effetto delle informazioni false sull’attivo aziendale sono determinanti nella valutazione della responsabilità penale. Questo caso non solo chiarisce il quadro normativo, ma sottolinea anche l’importanza di una visione complessiva e contestuale nell’interpretazione delle leggi sulla crisi d’impresa e sulla responsabilità professionale.


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